Leonardo da Vinci rappresenta l’uomo ideale del Rinascimento. Genio indiscusso nel campo delle arti e della meccanica, curioso osservatore della natura, in lui, arte e scienza si fondono nel concorrere al medesimo fine: migliorare la conoscenza della realtà, per poterla meglio rendere in forma artistica. Così intesa, la pittura diviene un aspetto della ricerca naturalistica.
Comprendere, attraverso ragione, e rappresentare, attraverso arte, costituiscono due momenti di un unico processo, razionale e pratico. Con Leonardo, viene dunque rivalutato il valore conoscitivo della pittura: dipingere significa penetrare i segreti della natura, e non si dà adeguata rappresentazione senza una preliminare conoscenza dell’oggetto da dipingere. Il pittore, come lo scienziato, è un esploratore nel campo della conoscenza, che si misura con la dimensione scientifica e filosofica.
La resa pittorica presuppone una visione scientifica dello spazio, dove arte e scienza si mescolano nello studio della prospettiva e delle proporzioni umane. Come vera e propria scienza della visione, la teoria della prospettiva albertiana, ripresa da Leonardo, è espressione di un’indagine geometrico-matematica della realtà, punto di incontro tra pittura e calcolo. Un esempio concreto, che è sintesi del suo pensiero, è offerto dall’immagine dell’Uomo Vitruviano, dove le misure ideali del corpo umano sono ricondotte alla geometria, che stabilisce il corretto posizionamento dell’individuo nell’universo: la sfera rappresenta il cielo, e il quadrato rappresenta la terra. Esiste dunque una geometria perfetta, a cui è possibile far aderire ogni opera, pittorica o architettonica, sulla base di un tracciato inalterabile in quanto scientifico.
L’interesse per la realtà dimostra come la curiosità leonardesca non si esaurisca nell’ambito artistico, ma si estenda all’interno di una cultura universale.
Sotto questo aspetto, si è a lungo discusso sull’effettivo carattere scientifico e filosofico da attribuire a questa figura. Le sue scoperte non possono essere inscritte in una riflessione propriamente scientifica. La passione per il funzionamento anatomico del corpo umano, come, ad esempio, lo studio del flusso sanguigno, visibile nelle vene degli arti, non è finalizzata ad un uso scientifico a favore della medicina, ma ad acquisire maggiori competenze artistiche, per migliorare la rappresentazione del copro sulla tela. Manca, quindi, lo sforzo intellettuale di un’indagine teorica, che riesca ad elevare le proprie considerazioni, spurie e casuali, al piano della scientificità.
Una disputa analoga riguarda la possibilità di definirlo filosofo. La sua riflessione assume tratti problematici, tanto per l’influsso della nuova scienza, quanto per l’inclusione di elementi tratti dall’aristotelismo e dal platonismo. Tuttavia, in lui non si trova l’espressione di un pensiero organico e originale. Secondo Benedetto Croce e Giovanni Gentile, Leonardo non può essere definito filosofo in senso proprio, poiché manca la formulazione di una teoria dell’arte sistematica, e svincolata dalle riflessioni momentanee legate all’oggetto contingente.
Resta ad ogni modo indiscusso il suo spirito investigatore della natura, che lo ha portato ad osservare, con distacco critico, il mondo che lo circonda. Grazie al suo impegno, la pittura ha conquistato uno spirito oggettivo, ponendo l’ordine matematico come sintesi di bellezza e armonia. In quanto espressione dell’indagine razionale, attraverso sensazione e ragionamento, Leonardo può essere definito filosofo e scienziato, ma pur sempre circoscritto alla sua arte e alla sua scienza, come saperi personali e storicamente determinati, senza alcuna pretesa di universalità.