Firenze e La ruota degli Innocenti

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Probabilmente sono rimasti in pochi a conoscere l’esistenza della cosiddetta Ruota degli Innocenti, o Ruota degli Esposti, non più in funzione da circa due secoli, che si trova nel centro storico della città di Firenze, in Piazza SS. Annunziata, accanto all’edificio in cui oggi si trova il Museo degli Innocenti.

Si tratta di una piccola struttura circolare, a forma di ruota, dove in passato venivano deposti i neonati (gli “esposti”) le cui famiglie erano impossibilitate a prendersi cura di loro, affidandoli alle mani della chiesa e, molto spesso, alla provvidenza.

In primis, occorre considerare come questo fenomeno ha radici molto più antiche di quel che si possa credere, dal momento che nell’antichità l’abbandono era una pratica legalizzata e ampiamente utilizzata. Le cause che spingevano una madre ad abbondare il proprio figlio erano le più svariate, come ad esempio l’estrema povertà in cui versava la classe meno abbiente, oppure una malformazione fisica del neonato e la parallela assenza di adeguate strutture di ricovero. Per i piccoli abbandonati, il destino non era per nulla felice: i più fortunati erano adottati da famiglie facoltose che potevano prendersi cura di loro, altri venivano destinati alla schiavitù o alla prostituzione.

Presso gli antichi romani, il bambino era considerato oggetto di proprietà del padre, quindi in totale balia del volere del capofamiglia, il quale poteva procedere al mancato riconoscimento del figlio attraverso l’expositio, ossia letteralmente l’esposizione del piccolo al di fuori della porta di casa.

Con l’introduzione della religione cristiana, la rivalutazione della sacralità della vita ha reso necessario un intervento immediato, al fine di proteggere gli infanti abbandonati. Nel 529 Giustiniano, nel suo Corpus Iuris Civilis, promosse delle leggi a protezione degli esposti, in cui il bambino cessava di essere proprietà del padre e diventava persona giuridica a tutti gli effetti. Nascevano così le prime strutture destinate all’accoglienza dei bambini abbandonati, con asili e brefotrofi annessi. Merita considerare una forma particolare di abbandono che si presentò in epoca medioevale, ovverossia l’oblazione: i bambini oblati erano abbandonati in prossimità di luoghi religiosi affinché potessero intraprendere la vita monacale. Rispetto alla classica esposizione, dove il neonato veniva lasciato in balia del freddo o degli animali selvatici, oltre che della cattiveria umana, l’oblazione rappresentava la migliore forma di abbandono a cui i bambini potevano andare incontro, evitando loro tutti i rischi dell’esposizione, compresa la morte.

In generale, di fronte alle pratiche di abbandono, la chiesa medioevale non prese alcuna posizione chiara in merito: si trattava di fenomeni talmente radicati all’interno della società da non poter essere sradicati dalla morale ecclesiastica; pertanto non restava altro da fare che cercare di gestirli nel miglior modo possibile.

Nel XVIII e XIX secolo, il fenomeno dell’abbandono aumentò vertiginosamente, a causa dell’aumento delle nascite al di fuori del matrimonio, un fenomeno che colpì principalmente le classi popolari. Inoltre, le drammatiche condizioni economiche in cui versava gran parte della popolazione, costrinsero moltissime giovani donne a prendere la triste decisione di abbandonare il proprio bambino.

Qualche volta l’abbandono non avveniva in forma anonima, come previsto dall’esposizione, ma sempre più spesso le madri lasciavano insieme al bambino segni o oggetti che facilitassero il loro riconoscimento per un eventuale tentativo di ricongiungimento futuro, in situazioni economiche più favorevoli. Alcuni di questi oggetti, come bracciali e ciondoli, sono oggi conservati nel Museo degli Innocenti.

Fino al XIX secolo, i bambini non desiderati venivano abbandonati alla Ruota degli Esposti, una struttura in legno, di forma cilindrica, formata da due parti, una interna e una esterna, che permetteva di lasciare il neonato in totale anonimato, avvisando tramite una campanella esterna la presenza del bambino. La prima ruota fu costruita in Francia su volontà di Guido da Montpellier nel 1170. A causa del suo enorme successo, accompagnato all’indignazione per i numerosi cadaveri di neonati trovati nelle reti dei pescatori nel Tevere, papa Innocenzo III nel 1198 fece costruire la medesima struttura a Roma, nell’Ospedale di Santo Spirito, munito di asilo e brefotrofio per il baliatico.

Nella seconda metà del 1800, tuttavia, sorgevano i primi interrogativi dell’opinione pubblica riguardo all’effettiva sicurezza della ruota. L’elemento che diede origine a tali perplessità fu l’elevata mortalità infantile durante l’esposizione e all’interno delle strutture di accoglienza. Le cause erano dovute soprattutto alle scarse norme igieniche, al dilagare delle malattie come la sifilide, alla malnutrizione e al sovraffollamento delle strutture di accoglienza.

Alle numerose richieste di abolizione della ruota, i cui sostenitori insistevano sui rischi dell’esposizione e sull’importanza della presenza materna per il bambino, non mancarono voci contrarie alla soppressione di tale pratica. La questione si risolse a favore dell’abolizione della ruota; una dopo l’altra, le ruote delle principali città italiane furono soppresse. La Ruota degli Esposti di Firenze rimase attiva fino al 1875.

Alla ruota medioevale, oggi si è sostituita la culla salvavita, una versione moderna e tecnologicamente avanzata della ruota antica, che, lungi dal voler rappresentare un ritorno alla drammaticità dell’esposizione, dimostra la sua attuale utilità nel tentativo di trovare soluzioni in grado di tutelare la vita umana attraverso l’individuazione di strumenti all’avanguardia per prevedere le situazioni di abbandono a rischio.

Un esempio è offerto dal Progetto Ninnaoh dell’Ospedale di Careggi a Firenze, nato nel 2008 e che prevede l’installazione di una culla termica in un locale attiguo alla struttura ospedaliera, assicurando l’anonimato della persona che vi depone il neonato e l’immediata assistenza medica per il bambino.

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