Palazzo Medici Riccardi e la prima rappresentazione della Mandragola di Machiavelli

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Palazzo Medici Riccardi, situato all’inizio di Via Cavour, a due passi da Piazza del Duomo, è considerato uno dei maggiori simboli dell’influenza politica e culturale della Signoria medicea.

Commissionato da Cosimo il Vecchio nel 1450, fu originariamente realizzato come dimora per ospitare la famiglia dei Medici, oltre a svolgere un’importante funzione pubblica, con lo scopo di accogliere i più illustri personaggi dell’epoca. Infatti, il Palazzo era sede di abituale frequentazione da parte del circolo neoplatonico, composto dai più eminenti intellettuali e umanisti di Firenze, come Poliziano e Pico della Mirandola. Ben presto, l’abitazione medicea divenne uno tra più importanti centri culturali della città.

Il progetto venne affidato in un primo momento al Brunelleschi, artista di vastissima fama e particolarmente apprezzato nell’ambiente intellettuale fiorentino; tuttavia, a causa della magnificenza stilistica propria del Brunelleschi, Cosimo stesso preferì non attirare sulla famiglia Medici l’invidia dei nobili e potenti, e affidare così il progetto all’architetto Michelozzo di Bartolomeo Michelozzi, dallo stile più semplice e lineare.

La semplicità della facciata principale è movimentata dalle finestre a bifora, che presentano dimensioni differenti in base ai differenti piani del Palazzo; le cornici delle bifore, infatti, sono più larghe man mano che si sale, in modo da creare un effetto complessivamente più armonioso, bilanciando le diverse altezze dei piani, e al tempo stesso dare maggior risalto al piano nobile.

Rispecchiando i fondamentali canoni architettonici dei complessi rinascimentali, il Palazzo rappresenta l’ideale di abitazione nobiliare del Cinquecento, imponente ed elegante nella sua austera sobrietà, senza essere particolarmente pretestuoso. Il Palazzo presenta una forma cubica, sviluppata intorno ad un cortile centrale di forma quadrata. Il cortile interno, detto cortile Michelozzo dal nome dell’architetto che lo ha progettato, segue la tipica impostazione rinascimentale, caratterizzata da elementi classici, come le colonne e i capitelli.

Le pareti interne presentano molteplici decorazioni; tra le più importanti ricordiamo quelle che affrescano la Cappella dei Magi, realizzata nel 1459.

Nel 1494, a seguito di una sommossa da parte del popolo fiorentino in nome della nuova Repubblica, i Medici furono allontanati da Firenze, e il Palazzo confiscato dal nuovo governo repubblicano, che si impossessò di molte opere d’arte che vi si trovavano, come ad esempio il David di Michelangelo, portato a Palazzo Vecchio. Con il crollo, nel 1512, della Repubblica, e il ritorno della Signoria a Firenze, la famiglia Medici si riappropriò del Palazzo.

Dopo il susseguirsi di numerosi passaggi di eredità tra i discendenti della famiglia medicea, ritenuto troppo solenne ed austero, nel 1659 il Palazzo fu venduto  al marchese Riccardi, un eminente banchiere fiorentino che godeva dell’amicizia e simpatia dei Medici. Il nuovo proprietario decise di ristrutturarne gli interni e di ampliare notevolmente le dimensioni della lunghezza, così che il Palazzo perse la sua iniziale struttura quadrata per assumere l’odierna struttura a forma rettangolare. Nonostante i molteplici cambiamenti apportati all’interno, venne comunque conservata la tipica morfologia architettonica del XV e XVI secolo, probabilmente come segno di rispetto della famiglia Riccardi verso i precedenti proprietari.

A causa di un rapido declino economico della famiglia, nel 1814 il Palazzo fu ceduto al demanio, e dal 1874 appartiene alla Provincia di Firenze, come sede del Consiglio.

Nel 1939, il piano terra fu riservato ad un Museo, rimasto attivo fino al 1966 quando, a seguito di una violenta alluvione, per motivi di sicurezza non venne più ripristinato.

Una curiosità che investe la storia e le vicende avvenute all’interno del Palazzo riguarda un evento di cronaca cinquecentesca: qui, nel 1518, fu inscenata per la prima volta la Mandragola, la più bizzarra e satirica tra le commedie scritte da Niccolò Machiavelli.

L’occasione fu offerta dai festeggiamenti per le nozze di Lorenzo di Piero de’ Medici, nipote di papa Leone X, e che ad Amboise aveva sposato Madeleine de La Tour d’Auvergne. I solenni festeggiamenti, durati tre giorni, avevano un ruolo simbolico e politico, motivo per cui fu scelta proprio la commedia machiavelliana, composta al fine di riconquistare la simpatia della famiglia medicea.

La Mandragola, infatti, rappresenta un’allegoria politica, che oltrepassa notevolmente i canoni della commedia semplice rinascimentale. Si tratta di una magistrale sintesi tra cultura umanistica e cultura volgare, attraverso una sintesi di elementi che contraddistingue il genio squisitamente umanistico dell’autore. E’ una commedia divertente e paradossale: rientrando nel genere comico, la storia ruota intorno ad una beffa amorosa, una trama piuttosto anomala per le commedie del tempo, anticipando una graduale dissacrazione dei valori tradizionali. Nonostante la comicità che attraversa ogni atto, tutto risulta perfettamente realistico e verosimile, all’interno di una commedia che, in quanto specchio fedele della realtà, è pervasa da un costante alone di tragicità. Questa contaminazione quasi naturale tra elemento comico e tragico, è per Machiavelli l’emblema della vera politica, teatro dei comportamenti sociali degli uomini, in un’antropologia del potere scissa da ogni contaminazione morale. L’azione dell’uomo, basata sull’utile e sul piacere, non va letta alla luce di un bene o di un male superiore: va semplicemente accolta in quanto tale, come unica vera realtà.

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